Lettera Spedita dal Commendator Carlo De Camillis al
Cittadin Deputato Giuseppe Garibaldi
il 2 Febbraio 1875
Lettera riprodotta
Cittadin Deputato
Benché non abbia questo collegio di Pontecorvo l’ansio onore di essere da Voi rappresentato in Parlamento; pure i cittadini di Rocca d’Arce, memori dei primordii dell’era del Risorgimento Italiano, nella quale Voi e la vostra armata onoraste Arce e Rocca d’Arce, a me uniti v’inviano il più affettuoso saluto, congratulandoci di sapervi nel Parlamento a Roma, convinti che la Vostra presenza alle Camere, che la dolce parola, la quale melliflua esprimerete nelle varie Sessioni, sarà il solo mezzo proficuo a riordinare l’abbattuta finanza, a rompere gli anelli della catena consortesca che ci opprime, e che disgustando gl’Italiani e la Italia istessa minacciava di vederla sfasciata e che malgrado tutto non si è mai disperato, ed ora più vivace vi pullula il desiderio di vederla progredire nel modo che da ogni buono si desidera. Però fra i tanti sconci che infestano l’attuale sistema è più disgustante quello che le autorità sono sorde ai giusti reclami degli oppressi, i quali se non sono gli anelli della gente Ufficiale, non cessano di essere Italiani. Ci è dispiacevole dovervi affliggere col notiziarvi, che per maggioranza di elettori avversi uomini del cessato governo guidati da spudorato chiercume di Clericale setta hanno preso le redini della nostra comun azienda e con sevizie, e con nefandezze opprimono il popolo. Se ne è fatto reclamo alle Autorità del Circondario narrandoli i sconci avvenuti ed additandoli anche i testimoni dei fatti, ed anziché arrestare il corso di tali procedimenti, hanno risposto ai reclamanti (è la nota del sindaco del 21 Gennaio corrente anno senza numero di registro o protocollo) non potere e non dovere Egli sospendere il corso di questi andamenti (sic!) dimodoche lo scontento e la oppressione formano lo squallore di questo sconfortato Popolo, il quale per lo mio mezzo vi prega di ricordarvi di esso nelle sessioni parlamentari, e ricordarvi precise di questi fatti, facendone un’apposita mozione. Compiacetevi Cittadin Deputato accusami la ricezione di questo mio foglio e per la mia quiete e per la tranquillità dei Cittadini che me ne incaricano. Accogliete di buon grado le manifestazioni della mia stima, e credetemi di vero cuore.
Rocca d’arce 2 febbraio 1875
Vostro Devotissimo
Carlo de Camillis
Lettera di Risposta del Cittadin Deputato Giuseppe Garibaldi al
Commendator Carlo De Camillis
del 3 febbraio 1875
Prima Lettera di Risposta
Risposta del Cittadin Deputato Giuseppe Garibaldi
del 3 febbraio 1875
Caro de Camilli
Ho il vostro foglio del 2.
Mi duole dirvi che per ora non posso impormi di cio che
mi parlate.
Salutatemi i bravi cittadini di Rocca D’arce e Credetemi sempre.
Vostro
Giuseppe Garibaldi
Roma 3 febbraio 1875
Seconda Lettera di Risposta
Risposta del Cittadin Deputato Giuseppe Garibaldi
del 27 marzo 1876
Caro de Camillis
Grazie per la gentile Vostra del 26.
Speriamo quanti faranno meglio dei passati.
Vostro
Giuseppe Garibaldi
Roma 27 marzo 1876
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COME SI ARRIVA A CAPIRE QUESTA LETTERA
DEL COMMENDATOR DE CAMILLIS
Breve Cronistoria del passaggio di Giuseppe Garibaldi a Rocca d'Arce
23 maggio 1849 - Nella notte Garibaldi si trovava a Frosinone proseguendo verso sud per
sconfiggere i Borboni;
25 maggio 1849 - Si trova con il suo esercito nelle campagne di Ripi;
26 maggio 1849 - A Ceprano e all'alba entrò nel Regno Borbonico e spediva Manara con i suoi
bersaglieri lombardi a snidare i napoletani da Rocca d'Arce(1), fortissima
posizione. Garibaldi, credendo di trovare gli svizzeri a San Germano, comandò di
avanzare il giorno dopo all'alba verso di essa e ai suoi ufficiali raccolti sulla
piazza di Arce disse loro " Quì si decidono i destini dell'Italia. Una
battaglia vinta sotto Capua ci darà nelle mani l'Italia".
(Dai Ricordi Manoscritti del Generale Sacchi citati da Gueroni, vol. I°, pag 299).
27 maggio 1849 - Mentre era pronto per partire alla volta verso San Germano ricevette una
lettere in cui il Triunviro Mazzini lo richiamava a Roma. Garibaldi come sempre
ubbidì, ma non, come crede il Guerzoni, "Con gioia"; ma invece con amarezza e
con dolore (Archivi Saffi). E Garibaldi rispose: "Cittadino Triunviro Mazzini" egli s
crive, "Mi conformerò agli ordini (2) perdendo, secondo l'opinione mia, tutto il
frutto di questa spedizione" promette che " Invece di continuare per San
Germano(3) e Napoli, l'opinione popolare essendomi favorevolissima, mi
incamminerò per Sora e Aquila, ponendo in parte riparo al mal esito, e di quì a
Terni nell'intento di trovarmi sul fianco sinistro ed alle spalle degli Austriaci
sempre che essi proseguono alla volta di Roma".
28 maggio 1849 - Garibaldi scrive ancora a Mazzini: " Avendo, dietro gli ordini, ritirato da Arce
tutte le mie genti sono pronto ad eseguire il rimanente degli ordini".
(1) la mattina del 26 maggio 1849 "... il popolo di tutte le classi si facea tra le file per abbracciare e benedire i soldati. Di là si andò a Ripi; quindi a Ceprano ov'erano accantonati cencinquanta carabinieri, disertori dei nostri corpi. Ma anch'essi eran fuggiti, ricoverandosi a Rocca d'Arce, piccola città sedente sur una montagna di nudo sasso, tenuto da una ragguardevole guarnigione all'ordini del generale Viale. All'alba dell'indomani i nostri mossero a quella volta; e sostenuta una mezz'ora di resistenza operata dagli avamposti regii, si corse allo assalto. Il villaggio adiacente al forte cadente quasi ruina, era stato quasi abbandonato. Per la china vedevansi tra gli sterpi, zaini, coperte e qualche moschetto; e i soldati tremanti, e affannosi eransi rivolti a San Germano (Cassino n.d.r.), grossa borgata, ov'erano due reggimenti svizzeri col generale Nunziante; e gli abitanti del paesello, esterrefatti dallo spavento avevano cercato rifugio sulle circostanti alture; d'onde vedendo come i nostri soldati si assidessero sul piazzale o sulle soglie delle loro case chiuse, senza forzarne le imposte discesero per venire essi stessi ad aprirle ed offerir loro cibo e rinfreschi. I preti, i frati, ed i soldati del regio esercito illusi dalla gente riazionaria ed ignorante, e ignorantissimi anch'essi avevano dato a credere a quei poveri montanari le cose le più strane sul carattere di Garibaldi e de' suoi dalle rosse tuniche. I primi narravano come egli avesse venduta l'anima al demonio onde acquistare potenza di capovolgere la Italia a suo senno e operare mali a danno dei popoli e balestrare ogni santa autorità. Gli altri dicevano avere al suo seguito legioni innumerevoli di folletti sui quali le palle di cannone e di moschetto nulla potevano; che anzi tornavano di rimbalzo per uccidere quelli che gli miravano. Nel vedere il generale sì bello, sì buono e di maniere semplici, e i suoi ufficiali e soldati sì vispi e sì generosi del proprio, gli abitanti benedicevano alla loro venuta e si auguravano che le truppe del regno che pur vestivano di rosso, erano i reggimenti svizzeri, avesser somigliato alle nostre. Ma verso sera, un corriere spedito dal triumvirato avvertiva il Garibaldi di non procedere più oltre e di ritornare in Roma per marce forzate..."
Brano tratto dal Libro "DA MONTEVIDEO A PALERMO"
VITA DI GIUSEPPE GARIBALDI
di C.P. BOGGIO Deputato al Parlamento Nazionale
Torino 1860
(2) Come possiamo vedere dalla risposta di Garibaldi e, a onor del vero, questo è il primo VERO "OBBEDISCO" che pronuncia verso Mazzini, anche se la famosa frase letterale fu scritta il 9 Agosto 1866 al termine della terza guerra d'indipendenza al Generale La Marmora (foto sotto).
(3) San Germano in quel periodo era l'attuale CASSINO.
Cronistoria completa di Giuseppe Garibaldi sul sito:
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La situazione Economica e politica In Italia nel Risorgimento
e, precisamente, nel 1875 anno della nostra Lettera.
A Scuola, quando studiavamo il Risorgimento Italiano e l'impresa dei Mille si formavano due partiti: i Garibaldini e gli Antigaribaldini. I primi sostenevano che Garibaldi fosse stato un Eroe senza interessi, a cui importavano solo le sorti dell'Italia e di tutte la Nazioni governate da una dittatura o da Stranieri. Gli Antigaribaldini lo accusavano di essere sempre pronto alla guerra, un avventuriero, circondato sempre da persone poco raccomandabili.
La situazione in Italia nel 1849 era di uno scontento generalizzato di natura sia politico che economica. La popolazione non sopportava più la presenza Austriaca in Italia, non amava più i cosiddetti stranieri; incominciava cioè a desiderare una propria Repubblica Italiana. Ma bisogna tener presente che all'epoca (1861) il 70% della popolazione era dedita all'agricoltura e che solo il 2% parlava l'italiano mentre la restante sapeva solo il dialetto locale. Quindi il popolo minuto era completamente assente e indifferente alla politica italiana sia perchè non aveva i mezzi culturali sia perchè non era unito per far sentire la sua voce.
La maggior parte del popolo ricavava il vivere dal lavoro dei campi, nei latifondi, non aveva l'idea dell'Italia come patria comune e non parlando l'italiano sentiva come forestieri gli abitanti degli altri stati italiani.
Nel 1821 (a seguito della rivoluzione francese) si può dire che gli intellettuali iniziarono a parlare di Risorgimento, ma esistevano principalmente due modelli risorgimentali:
- Il Modello Repubblicano di cui facevano parte Mazzini e Cattaneo.
- Il Modello Monarchico con Cavour e Gioberti.
Ma Garibaldi quali idee aveva? All'inizio della sua vita si era avvicinato alle idee Mazziniane ma poi, praticamente, se ne allontanò. Dalle sue "Memorie" egli correndo per l'Italia aveva come motto "Italia e Vittorio Emanuele", tuttavia rimase sempre un repubblicano di idee socialiste, libertario e popolano, infatti in diverse occasioni non obbedì agli ordini del re. Garibaldi ha sempre avuto nel cuore la cacciata degli stranieri in Italia.
Nel 1860 scrisse un Memorandum alle potenze d'Europa dove chiedeva la nascita degli Stati Uniti d'Europa, dove non esistevano più eserciti, non più flotte; gli immensi capitali sfruttati a favore della industrializzazione, nel miglioramento delle strade, costruzione di ponti, scavo dei canali, costruzione dei stabilimenti pubblici, costruzione di scuole per togliere l'ignoranza tra i popoli, la lotta alle classi privilegiate e potenti.
L'8 settembre 1867 partecipò al Congresso Internazionale per la pace e la libertà di Ginevra e propose di aggiungere al programma della Lega alcuni articoli, che se attuati, avrebbero rivoluzionato il rapporto tra i popoli:
- Fratellanza tra le Nazioni.
- Diffusione Capillare della Scienza.
- Proibizioni delle Guerre, tranne che per quelle di liberazione da un Tiranno.
- Libertà Politica.
Perseguiva la l'obiettivo dell'aiuto agli oppressi dal punto di vista economico, il miglioramento delle condizioni di vita, di lavoro. Nel 1872 cercò di unire tutte le forze democratiche per un programma comune: il Suffragio Universale (estensione del diritto di voto a tutti i cittadini maggiorenni), difesa del decentramento amministrativo (Comuni, Provincia e Regione), lotta ai privilegi della Chiesa.
Naturalmente la "Casta" di allora bocciò tutte le sue idee e infatti il Primo Parlamento Italiano (composto dalla Camera dei Deputati e dal Senato che era di nomina regia) e venne eletto il 27 gennaio 1861; erano elettori solo i Maschi alfabetizzati che avessero compiuto i 25 anni dotati di patrimonio oppure appartenenti a categorie agiate o comunque dotati di capacità professionali tipo commercianti, possidenti, artigiani, industriali, professori universitari, ufficiali e magistrati, insomma ebbe diritto al voto solo il 2% (620.000 italiani) della popolazione. Ne uscì un Parlamento di "Ricchi" uscito da una votazione di "Ricchi" che votò deputati "Ricchi", composto in grandissima maggioranza da ex principi, marchesi, conti, seguivano gli alti ufficiali, gli avvocati, i professori universitari ed infine medici e tecnici.
E' a questo punto che si colloca la situazione che il De Camillis espone con la sua lettera al Garibaldi, chiedendogli di intervenire con una Mozione o quant'altro in Parlamento, verso questi, secondo lui, oppressori del popolo, sia essi Civili che Clericali.
Ma anche Pio IX, avendo sentore della continua perdita di potere della Chiesa di fronte al popolo ad opera di questi reazionari, si sente in dovere di far sentire la voce dei Cattolici di tutto il mondo, invitandoli a esprimergli solidarietà ma, soprattutto, a inviargli offerte affinché potesse continuare a contrastare i " Popoli Infedeli e Barbari" che mettono a repentaglio il potere assoluto dello Stato Pontificio; e, avendo egli ricevuto manifestazioni di conferma del suo Potere Temporale, le raccoglie in un Libro "La Sovranità Temporale dei Sovrani Pontefici del 1861"(1).
Anche il Parroco di Rocca d'Arce Angelo Rossilli, a nome di tutti i fedeli del Paese, scrive una lettera(2) al Pontefice e invia un obolo di 12 ducati per le temporali strettezze(3) in cui, in quel momento, il Vaticano versava.
(1) Libro fatto pubblicare da Pio IX nel 1861.
(2) Lettera del Parroco di Rocca d'Arce Angelo Rossilli.
(3) Prefazione al Libro di Pio IX.
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Chi era il Commendator CARLO DE CAMILLIS
Il Commendator De Camillis era un Signore benestante che doveva avere dei rapporti frequenti con gli ambienti politici romani, infatti grazie ad un caro amico ho potuto riprodurre una cartolina spedita da quest'ultimo a un altro Commendatore di Roma (omissis) che potete vedere qui sotto riprodotta:
Il Commendator De Camillis scrive " Non ho dimenticato la promessa fatta. Spero presto poterti mandare le richieste fatte per il vostro lavoro. Sempre cari saluti miei e della famiglia e ringraziamenti. Aff.mo Carlo De Camillis. Affettuosi saluti anche a ... (omessi i nomi della famiglia)".
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SONO VENUTO IN POSSESSO DI ALCUNE MONETE IN USO A ROCCA D'ARCE TRA
L'ANNO 1840 E L'ANNO 1870
Nello Stato Pontificio con Papa PIO IX circolava il "SOLDO"
Papa PIO IX
Giovanni Maria dei conti Mastai Ferretti nato a Senigallia il 13 maggio 1792: fu eletto Papa nel 1846. Nemico dell’unità d’Italia, che dovette accettare nel 1870 con la presa di Roma. Assertore dell’infallibilità papale e dell’assolutismo regio, in contrasto coi tempi in cui visse. Morì a Roma il 7 febbraio 1878.
Soldo Facciata con Papa Pio IX Soldo Retro con indicazione Stato Pontificio
Nello Stato Borbonico, nel 1840 con FERDINANDO II°
circolava il "TORNESE"
Ferdinando II° di Borbone
Nato il 1810 e morto il 1859, regnante dal 1830 al 1859
Tornese - Facciata e Ritratto di Ferdinando II Tornese - Retro con l'indicazione della Corona
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Chi ha Parlato di Rocca d'Arce...
Fonte:
EDMONDO DE AMICIS
Speranze e Glorie - Le tre Capitali Torino - Firenze - Roma
MILANO - FRATELLI TREVES, EDITORI 1911
"Per Giuseppe Garibaldi"
... fermato dal generale Zucchi alle Filigare, retrocede e accorre a Roma, e dopo aver combattuto il brigantaggio e compressa la reazione in quel di Rieti, nominato generale romano, vince i francesi a Villa Panfili, va incontro ai Borbonici, li respinge da Palestrina, li batte a Velletri, s'impadronisce di Rocca d'Arce, ritorna alla città assediata, dirige con folgorante valore la difesa, e scampata la vita quasi per prodigio nel combattimento disperato .....
Fonte:
ANTONIO GIANFROTTA
1861
Prima seduta del Consiglio Provinciale di Terra di Lavoro
Terra di Lavoro
Lazio: Nei primi dieci giorni di luglio il Governatore di Terra di Lavoro inviò all' Incaricato della Casa Reale una copia del Decreto di Proclamazione dei sessanta eletti. Con i plebisciti del 21 ottobre 1860 calava il sipario sulla monarchia più vasta d'Italia che, dal 1734, per 126 anni aveva governato le sorti delle province meridionali, dal basso Lazio alla Sicilia. Pochi giorni prima, il 7 settembre, Garibaldi era giunto a Napoli ed il re Francesco II, abbandonata la capitale, organizzava una strenua resistenza nella fortezza di Gaeta che, cinta d'assedio, resistette fino al febbraio 1861.Questi, in sintesi, gli avvenimenti a tutti noti che portarono alla formazione del Regno d'Italia, finalmente riunito sotto lo scettro di Vittorio Emanuele II. Al neonato stato unitario doveva ora assicurarsi un assetto politico ed amministrativo in grado di avviare a soluzione gli innumerevoli gravissimi problemi creati da secoli di divisioni, lotte ed isolamenti. La gente del sud, in gran parte, considerava i piemontesi alla stregua dei tanti conquistatori che, in epoche diverse, si erano avvicendati nelle loro terre; permanevano nostalgie per l'antico regime e resistenze all'affermazione degli ideali di liberalismo tendenti a formare una vera coscienza popolare in grado di elevare le misere condizioni esistenti nelle regioni meridionali. Erano ancora tanti quelli che non avevano ben compreso il significato del Risorgimento che pure era costato tante vite umane sacrificate alla causa unitaria.
La Provincia di Terra di Lavoro, nel 1861, aveva un'estensione ben maggiore di quella attuale comprendendo paesi oggi facenti parte del Basso Lazio. Tutto il territorio era diviso in 41 mandamenti che, a loro volta, facevano parte di cinque circondari: Caserta, Nola, Gaeta, Sora, Piedimonte. Con una nota dell'otto luglio 1861, il Governatore della Provincia di Terra di lavoro inviò all'Incaricato di Casa Reale una copia del Decreto di Proclamazione degli eletti chiamati a far parte del Consiglio Provinciale a seguito della consultazione elettorale tenutasi qualche tempo prima. L'elenco dei neo consiglieri provinciali comprende 60 nomi, mancandone uno, quello del mandamento di Pontecorvo per il quale era in atto un giudizio relativo alla legittimità dell'elezione. La prima seduta del Consiglio si svolse la mattina del 17 luglio 1861 ed in tale data fu eletto Presidente Giuseppe Polsinelli mentre per la carica di vice presidente fu scelto Alessandro Ferrari. Scorrendo il lungo elenco dei nomi, giova ricordarne alcuni, nell'impossibilità di tracciare un profilo biografico di tutti. Trattasi di personaggi benemeriti, di assoluto rilievo, protagonisti nella vita politica, amministrativa e culturale di quel tempo.
Il primo presidente, come si è detto, fu Giuseppe Polsinelli di Arpino dove era nato nel luglio del 1787. Dopo aver seguito i corsi di lettere e legge, già nel 1820. a Napoli, si dimostrò acceso sostenitore dei moti liberali la qual cosa attirò su di lui gli strali della repressione borbonica. Deputato al Parlamento napoletano nel 1848, in ogni occasione manifestò la sua fede liberale e nel 1860, all'età di 73 anni, non esitò a mettersi a capo di una brigata di giovani in armi, recandosi in Abruzzo per ricongiungersi ai volontari di quelle terre. Come deputato al parlamento italiano rappresentò il Collegio di Sora in cinque legislature e fu presidente del Consiglio Provinciale dal 1861 al '62 e dal 1869 al 1870. Fu inoltre insignito delle onorificenze di Cavaliere della Corona d'Italia e di Cavaliere Ufficiale dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro. Morì il 16 marzo 1872 vittima di una mano assassina che gli tese un agguato durante una delle consuete passeggiate solitarie per sentieri campestri.
Salvatore Pizzi, Capuano di adozione, ma nato a Procida nel 1816 e trasferitosi in tenera età sulle rive del Volturno. Studente nella facoltà di giurisprudenza dell'Università di Napoli, aderì alla "Giovane Italia" diventando un fervente mazziniano. Era profondamente convinto che la libertà politica fosse solo un mezzo e non il fine e che la cultura dovesse avere come scopo precipuo l'educazione per poter promuovere lo sviluppo della società civile. Uomo di pensiero e di azione, aveva affrontato il carcere e l'esilio, diventando, nel 1860, all'epoca della Spedizione dei Mille, pro-dittatore per Garibaldi in Terra di Lavoro. Salvatore Pizzi interpretò sempre gli incarichi ricevuti come servizio teso a diffondere gli ideali di libertà, la libertà dello spirito e per tali ideali non smise mai, nel corso della sua operosa esistenza, di prodigarsi nell'interesse del popolo. Eletto Consigliere Provinciale nel 1861, rimase nel Consiglio ininterrottamente fino al 1877, ricoprendo la carica di Presidente dall'agosto del 1875 all'ottobre del 1877. Morì il 2 ottobre 1877.
Angelo Incagnoli nacque ad Arpino il 25 marzo 1819 e dopo gli studi compiuti presso il Liceo - Ginnasio "Tulliano", si trasferì con la famiglia a Napoli ove conseguì la laurea in giurisprudenza. Uomo dai molteplici interessi, coltivò con grande profitto studi nel campo economico, storico , giuridico e politico. Fu deputato eletto nel Collegio di Sora per tre legislature e Presidente del Consiglio Provinciale dall'agosto del 1878 al settembre del 1884. Promosse un sostegno finanziario per i lavori paleografici che si svolgevano a Cassino ove si stava effettuando la trascrizione ed il regesto di preziosi manoscritti e non mancò di offrire un valido e consistente contributo alla realizzazione di un monumento a Giordano Bruno in Nola. Morì a Napoli nel 1884.
Soprintendente Direttore Capo negli Archivi di Stato. Direttore dell'Archivio Storico della Reggia di Caserta.
Dei sessanta eletti nei Circondari di Caserta: (Caserta, Capua, S. Maria, Marcianise, Maddaloni, Aversa, Succivo, Trentola, Formicola, Pignataro, Teano, Pietramelara, Arienzo, Mignano).
E di Nola: (Nola, Cicciano, Palma, Saviano, Marigliano, Acerra), Piedimonte (Piedimonte, Cajazzo, Capriata) è interessante andare a rileggere e in un certo senso a gustarci il voto che fu e gli eletti di due circondari oggi appartenenti al Lazio ma che che all'epoca comprendevano alcuni comuni che oggi sono in provincia di Caserta.
VITTORIO EMANUELE II.
PER GRAZIA DI DIO, E PER VOLONTA' DELLA NAZIONE
RE D'ITALIA
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Il Governatore della Provincia di Terra di Lavoro
Veduti gli atti della elezione de' Consiglieri Provinciali seguita a' termini dell'articolo 224 della Legge del 23 Ottobre 1859, Riconosciuta la regolarità delle operazioni elettorali di tutt'i Comuni della Provincia meno pel Mandamento di Pontecorvo pel quale pende giudizio di falsità sull'elezione; e perciò sarà provveduto a suo tempo alla proclamazione di quel Consigliere con altro Decreto suppletorio, giusta l'autorizzazione del Dicastero dell'Interno de' 5 corrente.
Tenuta presente la tabella di ripartizione de' Consiglieri provinciali annessa alla Legge medesima, e procedendo a' termini del citato art.° 224.
Visti gli articoli 148, 149 e 155 della cennata Legge, non che le istruzioni del Lodato Dicastero dell'Interno e Polizia del 21 maggio 1861, inserite nel giornale Ufficiale del 23 dello stesso mese n.°123.
DECRETA
Articolo 1.° Sono proclamati Consiglieri Provinciali i Signori ... Omissis
CIRCONDARIO DI SORA
Mandamento di Sora
Numero di ordine: 44) Ferrari Alessandro fu Andrea
di anni 66
Patria: Sora
Condizione : Legale
Numero de' voti : 161
Numero di ordine:45) Loffredo Francesco fu Saverio
di anni 41
Patria: Sora
Condizione: Proprietario
Numero de' voti : 209
Mandamento di Arpino
Numero di ordine: 46) Incagnoli Angelo fu Rocco
di anni 42
Patria: Arpino Condizione: Proprietario
Numero de' voti : 177
Numero di ordine:47) Pulsinelli Giuseppe fu Francesco
di anni 78
Patria: Arpino Condizione: Proprietario
Numero de' voti : 252
Mandamento di Arce
Numero di ordine: 48) Lancia Pietro fu Stanislao
di anni 56
Patria: Rocca D'Arce
Condizione: Proprietario
Numero de' voti : 110
Mandamento di Roccasecca
Numero di ordine: 49) Pelagalli Pasquale fu Pasquale
di anni 35
Patria: Aquino
Condizione: Proprietario
Numero de' voti : 157
Mandamento di S. Germano
Numero di ordine: 50) Jucci Federico fu Giovanni
di anni 68
Patria: S. Germano
Condizione: Proprietario
Numero de' voti : 173
Numero di ordine:51) Aceti Luigi fu Pietro
di anni 59
Patria: Piedimonte
S. Germano
Condizione: Proprietario
Numero de' voti : 121
Mandamento di Cervaro
Numero di ordine: 52) Gagliardi fu Francesco
di anni 44
Patria: Cervaro
Condizione: Medico
Numero de' voti : 99
Mandamento di Atina
Numero di ordine: 53) Visocchi Pasquale fu Giuseppe
di anni 45
Patria: Atina
Condizione: Proprietario
Numero de' voti : 142
Mandamento di Alvito
Numero di ordine: 54) Teti Raffaele di Nicola
di anni : 55
Patria: S. Maria
Condizione: Proprietario
Numero de' voti : 138
Mandamento di Pontecorvo
Numero di ordine: 55) Pende giudizio di falsità sull'elezione...
Proseguirò le ricerche ...
Grazie per il Vostro interessamento.
Santino Di Folco